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PAPPOSILENO e l’Accademia Italiana della Cucina: colpo di fulmine a Cavriglia…Pardon! Monastero!

06/04/2012

 

Cavriglia e la sua evoluzione…Sono lontani i tempi dove non c’era nemmeno un ristorante in paese, se volevi mangiare , ti dovevi dirottare sul “Parco” oppure da “Pitena” sulla statale. Poi pian piano al “circolo”, si è affiancata una gelateria, dopo un altro bar, poi il primo ristorante, poi un altro, e un altro ancora, riuscendo a trasformare questo lembo di Valdarno, in un posto in continuo movimento.

Una bella novità, è arrivata nella piazza di Monastero (a Cavriglia ci tengono a precisare da che parte di paese stanno!!) e si chiama “PAPPOSILENO“. Condottiero in questa avventura è lo chef Francesco Tarsia, calabrese,  aperto a tutte le regioni italiane in fatto di cibo, vino e birre, a patto che siano tutti piccoli produttori.

Il locale è situato nei vecchi granai del monastero, (sono ancora visibili le vecchie “grancie” dove stipavano il grano) e presenta un ampia sala con mattoni e archi antichi, che convivono in armonia con il design contemporaneo di sedie e tavoli (forte l’idea della tovaglietta trasparente monoposto).

Ne avevo sentito parlare di questo posto, anche perchè spesso organizzano cene e degustazioni a base di birra, ma non c’ero mai stata. L’occasione è stato il “Conviviale della Cultura Accademica“, organizzato dalla Delegazione del Valdarno della’Accademia Italiana della Cucina. Una cena importante, nel quale si rendevano benemeriti due nuovi “Accademici“, tra i quali la bravissima Valeria Carbone, che sul cibo ha una competenza di alto livello.

Roberto Vasarri, con la campana in mano, ha scandito tutti i momenti più salienti del “convivio”, che non si limita solo al cenare: durante il pasto, si scambiano opinioni, si danno giudizi, si narrano aneddoti e soprattutto c’è un tema, questa volta si parlava di  “falso culinario“: alcune cose le sapevo, altre nemmeno le immaginavo e per alcune, sono rimasta così sorpresa, tanto che meritano un post a parte. Vi anticipo che parlerò anche delle trote gialle! Quelle salmonate ormai, sono superate…

E oltre a parlare di cibo, il cibo lo abbiamo osannato in tutti i sensi: la vista per l’antipasto. Un omaggio dal nord al profondo sud italiano con bottarga, TareseFabbrini-Sani-Fantechi, zolfini e tonno, panzanellina, solo per citare alcuni “colori” della tavolozza dei sapori.

Il tatto, nel prendere  e rompere con le mani i vari tipi di pane, presenti nel cestino. Il gusto  mediterraneo dei vermicelli alla bottarga dell’Argentario e agrumi, il gusto della complessità del riso nero Venere, del Castelmagno e della zucca.

Il naso per i formaggi: erano anni che non assaggiavo e non sentivo i “profumi” di così tanti tipi di formaggi . Alcuni conosciuti e già apprezzati in passato, altri visti per laprima volta. Strachitunt, Sola e Testun dall’alpeggio, Ragusano, Gorgonzola affinato al rhum e cacao, Fienoso, Bruscato, Fiorile, Corona di mele dell’Alto Adige a crosta fiorita lavato nel vino bianco, sono quelli che più mi hanno colpito. Ad accompagnare alcuni formaggi,  dal mare è arrivato il Miele della Spiaggia, con un  retrogusto di liquirizia davvero piacevole.

L’udito nell’ascoltare il rumore dei sorbetti mandarino-pistacchio-mandorla mentre si scontravano in bocca con la delicata ricotta. Infine tutti i cinque sensi si sono amalgamati con la scelta dei vini, davvero azzeccata per il menu:  Prosecco Valdobbiadene Col dell’Orso Frozza, Lagrein Rosè Cantina Terlano, Cirò Classico Superiore “A’Vita” ( quando una friulana e un calabrese si uniscono nella vita e nella vigna), Passito di Pantelleria Michelangelo Gabriele, per terminare. In effetti ci voleva qualcosa di ancestrale per porre fine a un conviviale così…

To be continued…

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